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Autonomia differenziata delle Regioni, il ddl approvato al Senato

23 GENNAIO 2024, ROMA – Il disegno di legge in Senato sull’Autonomia differenziata, presentato dal ministro per gli Affari regionali, il leghista Roberto Calderoli, è stato approvato in prima lettura con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 3 astenuti. Il provvedimento, ora, passerà all’esame della Camera.

Il ddl sull’Autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario è una legge procedurale per attuare la riforma del Titolo V della Costituzione, messa in campo nel 2001, che prevede essenzialmente che una serie di materie, non affidate in via esclusiva allo Stato centrale, possano essere demandate alla competenza di ogni singola Regione a statuto ordinario (tutte, tranne Val d’Aosta, Trentino-Alto Adige, il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna e la Sicilia). 

Sono 23 le materie che possono essere oggetto di Autonomia differenziata. Tra queste c’è la tutela della salute e l’istruzione, lo sport, l’ambiente, l’energia, i trasporti, la cultura e il commercio estero. Come riporta Sky TG24, la bozza di riforma presentata in Conferenza Stato-Regioni dal ministro Calderoli prevede che le Regioni potranno poi a loro volta trasferire le funzioni agli enti amministrativi più vicini ai cittadini: Comuni, Città metropolitane e Province. Inoltre, la riforma prevede di adottare i Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, ovvero gli standard minimi dei servizi che devono essere garantiti in tutte le Regioni. Secondo la proposta di legge, l’entità di questi finanziamenti dovrebbe essere definita prima delle richieste di autonomia, ma lo stesso testo legislativo lascia anche alle Regioni la possibilità di stipulare un’intesa anche senza l’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio.

I livelli minimi ed essenziali delle prestazioni dovranno essere rispettati dalle Regioni nella gestione delle loro competenze, in modo da avere una certa uniformità nel Paese in temi cruciali come salute, scuola, ambiente e beni culturali. La concessione di una o più “forme di autonomia” è subordinata alla determinazione dei Lep, che avverrà a partire da una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio: chi più ha speso negli anni per i servizi corrispondenti alle funzioni, più riceverà. Questa disposizione è al centro delle contestazioni e si parla di “secessione dei ricchi”, visto che così le regioni del Nord risulterebbero enormemente avvantaggiate rispetto a quelle del Sud.

Il governo entro 24 mesi dall’entrata in vigore del ddl dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. Stato e Regioni, una volta avviata, avranno 5 mesi di tempo per arrivare a un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate, oppure potranno terminare prima con un preavviso di almeno 12 mesi.

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